Tari, sentenza Consiglio di Stato

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Tempo di TARI tempo di proteste

Anche quest’anno, con lo scadere dei termini per il pagamento della tassa sui rifiuti, Adusbef raccoglie, come sempre fa, la protesta di diversi cittadini sugli importi richiesti dai Comuni PA per la TARI, la tassa sulla raccolta dei rifiuti.

Nonostante la sentenza n.4223/2017 del Consiglio di Stato quest’anno abbiamo riscontrato come ancora molti Comuni adottino metodi di calcolo della tariffa discriminatori tra residenti e non residenti.

Nel caso della pronuncia dei giudici amministrativi il Comune aveva –secondo la sentenza- impropriamente applicato ai non residenti una tariffa maggiore rispetto ai residenti. In tal modo, pur senza entrare nel percorso amministrativo – politico che aveva indotto il Comune a tale scelta, il Consiglio di Stato aveva detto che il Comune, al contrario, non dispone della facoltà di determinare liberamente la tariffa: “la discrezionalità conferita al Comune è di natura tecnica e non politica, perciò la sua decisione deve essere basata su una stima realistica della produzione di rifiuti per la superficie interessata, tenendo conto delle caratteristiche del territorio e della sua, eventuale, vocazione turistica”. La differenziazione tariffaria tra residenti e non residenti così come imposta non sarebbe rispettosa neanche dell’ormai noto principio comunitario del “chi inquina paga”: “va tenuto in debito conto che, specialmente in una località a forte vocazione turistica i non residenti, sicuramente, sono assenti per la gran parte dell’anno e dunque non una tassazione maggiore rispetto a coloro che risiedono tutto l’anno sarebbe sproporzionale rispetto alla quantità di rifiuti prodotti”.

In tal senso le maggiori lamentele ci pervengono dai proprietari di seconde abitazioni e ville al mare della litoranea jonico-salentina, in particolare della Marina di Pulsano dove il Comune di Pulsano, già in fortissimo ritardo sulla previsione regionale del 65% di raccolta differenziata, in applicazione della TARI ha adottato il c.d. “metodo normalizzato” : metodo con il quale i costi dello smaltimento devono essere ripartiti in parti identiche tra residenti e non residenti indipendentemente dai rifiuti pro capite prodotti durante l’intero anno. Orbene, proprio leggendo la sentenza del Consiglio di Stato risulta evidente che, mutatis mutandis, anche il metodo normalizzato appaia discriminatorio nei confronti dei non residenti, che come noto occupano gli immobili e producono rifiuti per un periodo limitatissimo dell’anno ed in quantità visibilmente inferiori a quelle dei residenti oltre che visibilmente contrario ai principi di legge stabiliti dalla prefata sentenza.

D’altronde le principali criticità del Metodo Normalizzato ex Dpr 158/1999 erano e sono note:

–        una ripartizione tra parte fissa e parte variabile della tariffa che ha penalizzato decisamente alcune categorie, sia di utenze domestiche che non domestiche. Non sempre è stato rispettato un criterio di proporzionalità e alcuni aumenti tariffari sono risultati difficili da giustificare (si pensi alle tariffe per famiglie numerose, a ristoranti, pizzerie, pescherie, negozi di ortofrutta, fioristi e per converso alle banche, che hanno avuto una notevole minore incidenza rispetto al regime Tarsu);

–        la scarsa manovrabilità dei coefficienti, all’interno di un range predefinito, che limitavano fortemente le scelte degli amministratori, costretti ad approvare tariffe comportanti una elevata disparità tra soggetti passivi;

–        l’individuazione di categorie “obbligatorie” e non basate sulla specificità territoriale, con alcune carenze problematiche.

Orbene, dal 2013 (legge 147/2013) ed ancora per il 2018 (L. 205/17) i Comuni hanno la possibilità di giocare un ruolo fondamentale nella fissazione delle tariffe sui rifiuti; la scelta non sarà arbitraria come accadeva in regime TARSU, ma si baserà su coefficienti di produttività oggettivi, al fine di rispettare il principio “chi inquina paga”. Proprio in tal senso i Comuni hanno la facoltà di adottare il c.d. criterio “medio-ordinario” metodo attraverso il quale le quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti vengono commisurate per unità di superficie, per usi e tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Tale metodo, appare icto oculi, più equo e rispondente agli effettivi consumi pro capite, oltre che rispettoso del principio comunitario del “chi inquina paga”, anche se impone ai comuni uno sforzo in termini di proiezione dei costi per superficie, utenze, etc.. rispetto al più semplice “divido per tutti in parti uguali (in realtà diseguali)”……

Ciò premesso Adusbef chiede che i Comuni pugliesi che hanno adottato il metodo normalizzato, tra cui il Comune di Pulsano, di provvedere a mitigare gli effetti discriminatori del metodo scelto o, con uno sforzo per gli uffici amministrativi, provvedano ad adottare il metodo medio-ordinario, decisamente più rispondente ai consumi effettivi pro capite, o comunque di ridurre le discriminazioni tra residenti e non residenti, sollecitando, da ultimo, ma non per ultimo, il raggiungimento entro l’anno in corso della soglia minima del 65% di raccolta differenziata prevista dalla Regione Puglia.

Adusbef, dal canto suo, è a disposizione dei cittadini che vogliano segnalare ulteriori anomalie al seguente indirizzo mail: adusbef@laudadiofirm.it o pagina Facebook Adusbef Puglia (https://www.facebook.com/adusbefpuglia/)  con l’invito a corroborare le segnalazioni con foto e documenti.

Taranto, 17 giugno 2018

Il Vicepresidente Adusbef Puglia

Avv. Vincenzo Laudadio

VICEPRESIDENZA ADUSBEF PUGLIA
Tel.328.9763750 Fax 080/5220308
email: adusbef@laudadiofirm.it sito : www.adusbef.it
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