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Alla scoperta delle qualità segrete delle piante aromatiche e da condimento

Le piante aromatiche, per definizione, sono piante caratterizzate dalla presenza di una o più sostanze odorose, spesso di sapore gradevole, che trovano impiego nella profumeria, nella cosmetica, nella preparazione di bevande o come condimento. In particolare, quindi, le piante aromatiche da condimento hanno la capacità di insaporire i cibi o esaltarne il gusto; sono condimenti le spezie e le erbe aromatiche.

L’etimologia della parola “spezia” è di origine latina, da species, termine usato con il significato di “derrata”, intendendo sostanza aromatica di origine vegetale (pepe, zenzero, chiodi di garofano, cannella, noce moscata, ecc.), generalmente di provenienza esotica (Dizionario Treccani http://www.treccani.it/vocabolario/). Il filosofo e botanico greco Teofrasto, (IV sec. a.C.), nel libro IX della sua opera “De historia plantarum” così ne parla: “esse sono o parti diverse di differenti piante, o parti diverse di una stessa pianta, adibite a scopi svariati, cioè la radice, la corteccia, i ramoscelli, il legno, i semi, i fiori e così via. Le piante delle spezie crescono in varie località, ma le più note e le più fragranti provengono dall’Asia e dalle terre assolate”. Definizione quanto mai appropriata, poiché il luogo d’origine, infatti, è forse il criterio che meglio riesce a differenziare le spezie dalle erbe aromatiche: le piante che producono le spezie crescono per lo più in zone tropicali, dove equilibri di luce, calore e umidità sono ottimali per sviluppare al meglio la loro fragranza. Così per l’American Spice Trade Assotiation (http://www.astaspice.org): le spezie sono specie vegetali esotiche, originarie di paesi tropicali e subtropicali, di cui si utilizzano parti diverse della pianta (radici, rizomi, cortecce, gomme, foglie, fiori, frutti, semi, ecc.) come aromi alimentari, commercializzati allo stato secco privi di clorofilla.

Le erbe aromatiche, dal latino herbs che contraddistingue la loro natura erbacea, d’altro canto, sono piante, o parti di esse, di origine temperata, tipiche soprattutto dell’area mediterranea, provviste di clorofilla, ad uso culinario, contenenti principi odorosi, sapidi o di sapore amaro (Loo e Richard, 1992). Di esse se ne utilizzano prevalentemente le foglie allo stato fresco, ma è possibile trovarle essiccate o liofilizzate, anche se, in questo caso, perdono gran parte del loro aroma.

Erbe aromatiche (sn) e Spezie (ds)
Erbe aromatiche (sn) e Spezie (ds)

L’uso delle piante aromatiche ha accompagnato l’uomo fin dalle sue origini; tra i più antichi documenti si annoverano i papiri egiziani. L’apporto profuso al loro studio dalle civiltà greca e romana è testimoniato nelle opere di celebri scrittori dell’epoca, quali Teofrasto (Libro delle Piante), Dioscoride (De Materia Medica) e Plinio il Vecchio (Naturalis Historia). Le spezie e le erbe aromatiche occupavano un ruolo significativo nella cucina greca antica, tanto che Sofocle le definisce “artumata”, “condimenti della nutrizione”. Le stesse venivano impiegate nei rituali di iniziazione e nelle pratiche funebri. Per i Romani dell’età imperiale, alcune spezie, in particolare il pepe, valevano di più dei metalli preziosi e delle gemme. L’importanza delle spezie e del condimento nella cucina romana antica sono riportate nel Ricettario “De re coquinaria” attribuito ad Apicio, noto gastronomo dell’età Imperiale.

A partire dal Rinascimento, con la ricerca di una cucina semplice e delicata, anche sulle tavole signorili iniziarono a comparire sempre più condimenti a base di erbe aromatiche, segnando uno spostamento d’interesse generale da un loro utilizzo prevalentemente officinale a quello alimentare.

De re coquinaria: Ricettario di Apicio (I secolo d.C), noto gastronomo di età Imperiale

Al giorno d’oggi si assiste ad una maggiore diversificazione degli impieghi delle piante aromatiche: da quello gastronomico, a quello medicinale, alle essenze utilizzate nelle cosmesi, all’impiego ornamentale. Nel contempo, vi è un rinnovato interesse verso le spezie, anche come conseguenza della formazione di una società multirazziale e multiculturale che ne valorizza gli impieghi.

Le spezie e le erbe aromatiche esaltano le proprietà nutrienti dei cibi. Possono contenere composti antiossidanti, minerali e vitaminici importanti per una alimentazione equilibrata; grazie all’effetto termogenico aumentano naturalmente il metabolismo, riducendo l’accumulo di grassi e calorie, inoltre, possono indurre la sensazione di pienezza e di sazietà; le spezie possono sostituire del tutto o in parte il sale da cucina, con effetti benefici sulla ritenzione idrica; infine, le proprietà medicinali di diverse spezie e erbe aromatiche sono avvalorate da numerosi studi scientifici.  

Negli ultimi anni c’è un vero revival delle spezie anche in Italia, gli appassionati sono sempre di più, la facilità di contatti con il mondo intero consente di apprendere gli usi, la cucina e i prodotti di altri Paesi che si inseriscono negli usi alimentari del nostro paese. A testimonianza del grande entusiasmo attuale sono nati tantissimi corsi e scritti libri per imparare ad utilizzarle.

Alcuni libri a tema per imparare ad usare erbe aromatiche e spezie

Così come è aumentata e si è diversificata la presenza di piante aromatiche sui mercati: da seminare e allevare in vaso, già accresciute in vaso e pronte al consumo, in mix da impiegare per ricette specifiche, come prodotti di IV gamma…

Differenti tipologie di piante aromatiche sui mercati

Nell’ambito del repertorio di specie di interesse aromatico, molte rivestono un ruolo di rilievo grazie alle consolidate tradizioni regionali del loro utilizzo. A tal proposito si riportano alcune di queste.

Basilico

Il basilico, Ocimum basilicum L., famiglia Lamiaceae, deriva il suo nome dal greco antico “okimon” e “basilikos”, rispettivamente “profumo” e “regale”, in altri termini: erba profumata degna di re. Originario delle regioni tropicali dell’Asia e dell’Africa, poi diffuso in tutto il bacino del mediterraneo e in quasi tutti i paese caldi o temperati del mondo, il basilico, con altre quattro tra le oltre sessanta specie note del genere Ocimum, utilizzato anche per la estrazione di essenze, deve la sua notorietà agli impieghi gastronomici delle sue foglie piuttosto che alle virtù terapeutiche che gli sono state attribuite, soprattutto nel passato, dall’erboristeria e dalla medicina popolare, essendo il basilico conosciuto e utilizzato da 2000 anni. Nell’ambito della specie O. basilicum, vi sono numerose cultivar e selezioni, spesso distinte per il diverso aroma o il diverso portamento e forma della pianta. (AA.VV. Strategie di impresa in settori di nicchia per l’economia agroindustriale del mediterraneo – PYRGI).

La composizione dell’olio essenziale, ad esempio, può variare in maniera determinante a seconda la provenienza, seppure il componente principale sia il linalolo. Ad esempio, elevate quantità di estragolo, con aroma “medicinale/fenolico/anisato/aspro”, determinano una preponderanza della nota anice, non utilizzabile per la produzione di pesto.

(Da: Strategie di impresa in settori di nicchia per l’economia agroindustriale del mediterraneo – PYRGI)

La varietà più pregiata è il basilico Genovese DOP. Coltura tradizionale a Genova a partire dal XIX secolo, il basilico genovese ha ottenuto nel 2005 il riconoscimento della Denominazione di Origine Protetta, quale prodotto inimitabile, le cui caratteristiche qualitative sono dovute essenzialmente alle peculiarità ambientali e alle tecniche tradizionali di produzione. Il basilico genovese presenta foglie più piccole di quelle del basilico comune, a forma tipicamente convessa, di colore verde meno intenso e profumo delicato e del tutto privo di commistioni con la menta che lo rende ingrediente base nella ricetta del pesto genovese. Prodotto tipico italiano, il pesto di basilico, nato in Liguria, è la salsa cruda in assoluto più consumata al mondo e una delle salse più consumate in Italia, costantemente al secondo o al terzo posto dopo la salsa di pomodoro e il ragù (Unioncamere).

Origano

Con il nome di origano, sui mercati internazionali, sono presenti due tipologie di prodotto provenienti da famiglie differenti, uno è l’origano messicano, della famiglia delle Verbenaceae, genere Lippia, l’altro, l’europeo, ottenuto da piante appartenenti alla famiglia delle Lamiaceae. L’origano Europeo, ritenuto qualitativamente superiore a quello Messicano, a sua volta è distinguibile in origano Turco, identificato come Origanum onites L. sulla base della sua diffusione allo stato spontaneo in Turchia, l’origano Greco, ascrivibile alla specie O. vulgare L. ssp. hirtum, il più comune in Grecia, e l’origano Spagnolo, ottenuto dal Thymus capitatus (L.) Hoffmans e Link.
Tale situazione porta a considerare come sia impossibile identificare in una singola specie vegetale la fonte del prodotto commerciale denominato “origano”, mentre più facile potrebbe risultare la definizione del sapore tipico dell’origano, seppure ottenibile da piante di generi diversi (Albasini, 2000). In generale, infatti, la maggior parte delle specie raccolte o coltivate per produrre origano sono caratterizzate da una composizione degli oli essenziali ricca in carvacrolo, componente a cui probabilmente è possibile attribuire il caratteristico sapore ed aroma di questo condimento (De Mastro et al. 2000; Kokkini, 1996; Lawrene e Reynolds, 1984).

Piante di origano caratterizzate da fiori di diverso colore

Da quanto detto, pertanto, appare evidente come nel caso di questa pianta aromatica, il percorso finalizzato alla standardizzazione di un prodotto che possa essere impiegato anche a livello agroindustriale è decisamente più complesso ma non impossibile. Una ricerca effettuata sull’origano al fine di individuare un genotipo con un profilo aromatico rispondente ai requisiti industriali e dotato di caratteri agronomici idonei, ha caratterizzato mediante uno studio morfologico, chimico e agronomico diverso materiale raccolto allo stato spontaneo (De Mastro et al., 2004).
Questa procedura ha consentito di individuare un genotipo che presenta il carvacrolo come componente aromatico prevalente, una buona produzione di biomassa e resa in olio essenziale e, nel caso di impiego industriale della foglia intera, foglie non troppo piccole da poter essere lavorate più facilmente. L’integrazione successiva con le valutazioni sensoriali, effettuate dopo aver individuato i descrittori specifici del sapore e dell’odore, seguendo le indicazioni di indagini sensoriali effettuate su altre specie aromatiche (Franz, 1990; Pank et al. 1999), ha permesso, inoltre, di selezionare e standardizzare le caratteristiche specifiche per i diversi tipi di utilizzo di origano.

Peperoncino

Il peperoncino, frutto della specie Capsicum annum L. appartenente alla famiglia Solanaceae, la cui prima testimonianza scritta risale alla biografia di Montezuma, arriva in Europa nel 1500, in seguito al secondo viaggio di Cristoforo Colombo, e si diffonde rapidamente nei Paesi del Mediterraneo, diventando il “pepe dei poveri”, essendo pianta facilmente coltivabile ad ogni latitudine e clima e di facile consumo: fresco o essiccato, cotto o crudo (Wright 2007). Il suo grado di piccantezza, espresso comunemente in unità Scoville (“Scoville heat units”) (1912), è direttamente correlato al contenuto di capsaicinoidi (capsaicina, diidrocapsaicina, nordiidrocapsaicina e altri composti analoghi). In particolare, la capsaicina si concentra nella parte superiore della capsula, dove sono posizionate le ghiandole che la producono, diffondendosi poi lungo la stessa. Al contrario di quanto comunemente si crede, non sono i semi, ma la membrana interna, la placenta, a contenere la maggior parte di capsaicina; pertanto, per ridurre la piccantezza del frutto, è consigliabile eliminarla (Aza-González et al. 2011).
Il peperoncino è conosciuto e coltivato in quasi tutto il mondo ed è entrato a far parte di molte culture e tradizioni quali quella calabrese, dove il peperoncino è tra i prodotti tipici regionali più noti ed apprezzati in Italia ed all’estero. Presente in quasi tutte le ricette tradizionali, viene utilizzato ovunque: fresco, sott’olio o in polvere, nella norcineria, nelle conserve ittiche, nei formaggi….

All’attualità, a sostenerne e promuoverne l’impiego sono i numerosissimi studi scientifici effettuati nel corso degli anni che ne hanno definito la composizione in principi attivi, quali flavonoidi, carotenoidi (violaxantina, capsantina, alfa-carotene, capsorubina), capsaicinoidi, acidi polinsaturi, olii, sali, lecitina, solanina, quercitina ma anche vitamina C, potassio ed altri oligoelementi, e le azioni benefiche ad essi correlate: vasodilatatrice, ossigenante, antiossidante, fibrinolitica, anticolesterolo, antiaterosclerotica, antiinfiammatoria, antidolorifica, antidiabetica, antitumorale, antibiotica, antimicotica, antiemorragica, dimagrante, stimolante il transito intestinale, anti calvizie, afrodisiaca, rendendo il peperoncino una spezia condimentaria utile anche per la salute (Hayman e Kam, 2008; Laratta et al., 2013 Luo et al., 2011; Zhuang et al. 2012).

L’Azienda Agricola Ortoflora, che ospiterà questo seminario sulle qualità segrete delle piante aromatiche e da condimento, è specializzata nella produzione di piante ed erbe aromatiche di elevata qualità dal prodotto in vaso a quello da consumo fresco per la V gamma (Le Erbe dello Chef). Si tratta di un’azienda a conduzione familiare tradizionalmente vocata alla produzione orticola locale fin da metà ‘800.

Negli anni ‘80 la nuova generazione, partendo dalla tradizione ma percependo i progressi e l’evoluzione, che stavano interessando il comparto vivaistico a livello nazionale, iniziò a svilupparsi tecnologicamente affermandosi nel settore del vivaismo orticolo e floricolo moderno. Dal 2000 inizia la produzione di piante ed erbe aromatiche, anch’esse parte fin dall’antichità della cultura contadina e mediterranea nella quale la realtà è inserita.

Oggi l’azienda fornisce prodotti di elevata qualità su vasta scala, dai mercati locali alla grande distribuzione organizzata, dal prodotto in vaso a quello da consumo fresco per la 5° gamma, con il marchio Le Erbe Dello Chef.

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